Stress correlato al lavoro: salute e reazioni emozionali in caso di evento esterno
Spesso la natura fa parlare di sé con eventi calamitosi a volte catastrofici per l’uomo come, per esempio, i sismi, devastanti non solo per i beni immobili ma anche a livello psicosociale per la vita quotidiana, con la quale si intersecano le attività lavorative di chi, nonostante
l’accaduto, ha la necessità di svolgere i propri adempimenti in ambito lavorativo e non. Sembra necessario, quindi, porre l’accento su una situazione che potrebbe degenerare in eventi dannosi per la salute di coloro che sono impegnati in attività di “aiuto” alle popolazioni colpite da eventi naturali. Viene spontaneo pensare a quanto accaduto il 6 aprile 2009 in Abruzzo, dove si è verificato un sisma che ha cambiato la geo-morfologia territoriale e imposto considerazioni al contorno legate allo status psicofisico di ciascun individuo.
Queste condizioni incidono inevitabilmente su quanto stabilito innovativamente, nell’ambito della valutazione dello stress lavoro-correlato, dal D.Lgs. n. 81/2008.
di Roberto Bussolotti, ingegnere civile ed ingegnere clinico in L’Aquila.
Il 16 maggio 2009 sono entrati in vigore ulteriori adempimenti inerenti al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 [1], norma che ha stravolto alcune considerazioni e introdotto, con una “nuova previsione”, un modo diverso di valutazione del rischio, prevedendo la necessità e l’obbligo indelegabile del datore di lavoro di valutare “tutti” i rischi negli ambienti di lavoro. Innovativa è stata l’introduzione anche della valutazione del rischio stress lavoro-correlato.
Quest’ultimo è stato trattato dall’accordo europeo 8 ottobre 2004[2] e recepito con l’accordo interconfederale 9 giugno 2008.
Tali intese evidenziano come lo stress da lavoro sia considerato, a livello internazionale, europeo e nazionale, un problema tanto dai datori di lavoro quanto dai lavoratori.
Una riflessione ulteriore è opportuna quando, oltre alle condizioni “normali di stress”, si aggiungono quelle che possono scaturire da eventi esterni incontrollabili quale può essere, per esempio, un Sisma.
Le relazioni e le correlazioni che si sono susseguite nel corso degli ultimi anni tra agenti di vario genere legati allo stress da lavoro, fino a quelli di tipo distruttivo quali gli agenti che determinano effetti cancerogeni, sono state oggetto di approfonditi studi a livello medico, di ingegneria clinica (interazione uomo-macchinario elettromedicale) nonché a livello psicologico e psichiatrico.
Lo stress da lavoro correlato
Lart. 28, comma 1, D.Lgs. n. 81/2008, scaduti i termini previsti dalle proroghel3J per il 16 maggio 2009, nel richiamare l’esigenza di valutare tutti i rischi ha espressamente segnalato alcune tipologie di rischi o di categorie di lavoratori portatori di esigenze di tutela. Il comma 1 ha citato lo stress lavoro-correlato, considerato secondo i contenuti dell’accordo europeo dell’8 ottobre 2004. La problematica dello stress sul lavoro è riferita ai contenuti dell’accordo europeo 8 ottobre 2004 sottoscritto dalle più importanti organizzazioni datoriali e sindacali europee, recepito in Italia dall’accordo interconfederale 9 giugno 2008, un documento programmatico per individuare linee di intervento condivise.
Il documento ha descritto lo stress sul lavoro, le possibili cause, le modalità di individuazione (assenteismo o elevata rotazione del personale, conflitti interpersonali, lamentele frequenti ecc.), l’analisi dei fattori, quali l’organizzazione e i processi di lavoro, le condizioni e l’ambiente di lavoro, la comunicazione e i fattori soggettivi.
L’accordo ha individuato possibili misure per prevenire o ridurre il problema e, tra queste, « misure di gestione e di comunicazione in grado di chiarire gli obiettivi aziendali ed il molo di ciascun lavoratore, di assicurare un
sostegno adeguato da parte della direzione ai singoli individui e ai team di lavoro, di portare a coerenza responsabilità e controllo sul lavoro, di migliorare l’organizzazione, i processi, le condizioni e l’ambiente di lavoro)).
È opportuno sottolineare che lo stress sul lavoro non è l’unico rischio psicosociale, devono essere considerati anche il mobbing e il bumout; quest’ultimo molo attivo e fattivo qualora ci si trovi a dover operare in un ambiente di lavoro precario e rivolto a terzi che si trovino in condizioni disagiate a causa di un evento calamitoso.
Lo stress è uno stato che si accompagna a malessere e disfunzioni fisiche, psicologiche o sociali e che consegue dal fatto che le persone non si sentono in grado di superare i gap rispetto alle richieste o alle attese nei loro confronti.
L’individuo è capace di reagire alle pressioni alle quali è sottoposto nel breve termine e queste possono essere considerate positive per lo sviluppo della sua personalità, ma di fronte a una esposizione prolungata a forti pressioni è possibile avvertire grosse difficoltà di reazione. Inoltre, persone diverse possono reagire in modo differente a situazioni simili e una stessa persona può, in vari momenti della propria vita, reagire in maniera diversa a contesti analoghi.
Lo stress può essere considerato come uno stimolo “cognitivo”. Non è una malattia propriamente detta, ma una esposizione prolungata può ridurre l’efficienza sul lavoro e causare problemi di salute. Non tutte le manifestazioni di stress sul lavoro, tuttavia, devono considerarsi causate dal lavoro stesso, potendo derivare da vari fattori quali il contenuto e l’organizzazione del lavoro, l’ambiente di lavoro, una comunicazione “povera” ecc.
I sintomi più frequenti sono:
- l’affaticamento mentale;
- la cefalea;
- la gastrite;
- l’insonnia;
- la modificazione dell’umore;
- la depressione e l’ansia;
- ·le forme disparate di alopecia; • la dipendenza da farmaci.
I fattori “tradizionali” che causano stress possono essere:
- il lavoro ripetitivo e arido;
- il carico di lavoro e di responsabilità eccessivo o ridotto;
- il rapporto conflittuale uomo-macchina;
- i conflitti nei rapporti con i colleghi e i supenon;
- i fattori ambientali (rumore, presenza di pubblico ecc.);
• il lavoro notturno e la tumazione eccessiva. Ai tradizionali fattori di rischio, inoltre, se ne affiancano oggi di nuovi, legati al rapporto persona-lavoro, agli aspetti relazionali e motivazionali, alla disaffezione, all’insoddisfazione, al malessere collegato al molo del singolo lavoro, alle relazioni con i colleghi e i capi, al rapporto con le tecnologie e con le loro continue evoluzioni.
Il fenomeno del disagio lavorativo assume sempre maggiore rilevanza e si manifesta con il cedimento psicofisico del lavoratore nel tentativo di adattarsi alle difficoltà del confronto quotidiano con la propria attività lavorativa. A questi si aggiungono fattori cosiddetti incontrollabili, legati agli agenti esterni di più o meno grave entità. Quindi, quando l’ambiente circostante al lavoro muta in seguito a un evento calamitoso per le conseguenze del quale si è costretti a operare in sistemazioni di fortuna per sé stessi e per il futuro della collettività, sicuramente la valutazione del rischio da stress non è più così immediata e i parametri e le considerazioni necessari sono legati a numerosissimi altri fattori.
Variazioni delle condizioni ambientali al contorno
Lambiente lavorativo e quello che lo circonda e si interseca con esso, per le dinamiche esistenti e per il tipo di attività effettuata (sicuramente più marcata per chi fornisce aiuto sanitario alla collettività), può essere alla base di una risposta individuale da stress, intendendo per stress « una qualunque forma di condizione fisica, chimica o psichica che, esercitando uno stimolo dannoso sull’organismo, ne provoca la reazwne)).
Studi clinici hanno evidenziato che, sotto il profilo biologico, la reazione da stress da lavoro si può identificare con una risposta emozionale elaborata a livello centrale del sistema limbico e dall’asse neuro-ormonale ipotalamo-ipofisisurrene-tiroide, secondo uno schema reattivo suddiviso in tre fasi di risposta:
- rapida;
- semirapida;
- lenta.
Nella risposta rapida, lo stimolo esterno innesca una reazione immediata incentrata sul vissuto emozionale, quasi adrenalinico rispetto allo stimolo stesso, vissuto che è registrato a livello del sistema limbico e poi proiettato verso l’esterno con una serie di modificazioni corporee ed emotive quali l’aumento della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa ecc., atte a preparare l’organismo alla difesa e alla fuga. Esaurito lo stimolo, la reazione si disinnesca, riportando l’organismo in condizioni normali.
Se lo stimolo si protrae, invece, la reazione rapida di cui sopra è sostituita dalla reazione semirapida, la quale consente, attraverso un’azione metabolizzante, di mantenere nel tempo le condizioni di difesa.
Alla fine della reazione semirapida si affianca la reazione lenta; per l’eccessivo protrarsi dello stimolo, le condizioni metaboliche possono essere riadattate a lungo nel tempo, al fine di soddisfare un’aumentata richiesta di prestazione.
È in quest’ultima fase che è possibile riscontrare lo stress da lavoro, ovvero situazioni nelle quali gli stimoli scatenanti non possono, per motivi sia estrinseci che intrinseci, essere allontanati.
Lo stress da lavoro, pur prendendo origine da situazioni ambientali oggettivamente verificabili, si configura come una risposta puramente individuale a varie noxae stressanti – gli stressor – che incidono in misura diversa sul nucleo cognitivo di ogni soggetto, inducendo o meno una situazione stressante relativamente alla percezione psichica personale, non essendo le noxae oggettivamente e a priori dotate di carattere stressante. Pertanto, lo stress inteso in senso lato costituisce la risposta individuale, gestita dal vissuto cognitivo ed emotivo della psiche in relazione a situazioni che assumono significato ben diverso a seconda del soggetto in causa. Si può presupporre, quindi, alla base di un buon documento di valutazione del rischio da stress lavoro-correlato, il superamento dell’impostazione organicistica della psichiatria kraepeliniana che dapprima aveva negato specificità psicopatologica al lavoro ma che, con influenze e apporti di teorie successive, aveva conferito allo stress da lavoro un “fondamentale” fattore additivo di stress globale in grado di innescare, per l’appunto, un forte disagio psicologico che comunque si inse risce in un contesto personale di una certa predisposizione biologica, se non addirittura genetica. Uno strumento di indagine per la valutazione dei fattori psicosociali è fornito, per esempio, da un questionario sul contenuto del lavoro[4J.
In questa ottica, comunque, le situazioni di stimolo o stressorproprie di un ambiente lavorativo risultano molteplici e possono incidere in misura alquanto diversa sui singoli individuilavoratori in reazione alla loro reattività e al loro vissuto percettivo ed emozionale, nello specifico durante, per esempio, un evento calamitoso. In altri termini, una medesima condizione può provocare una reazione da stress da lavoro in un soggetto e non determinarla in un altro, proprio per i motivi inerenti alla dinamica psicologica e individuale.
Dignità di stressor in ambito lavorativo può essere conferita a tutte quelle situazioni in cui l’impegno fisico e/o psicofisico sia eccessivo, oppure, al contrario, estremamente scarso. Gli stressor sono rappresentati anche da quelle situazioni in cui è possibile riscontrare ambiguità o rigidità alle mansioni, esasperazione delle condizioni dell’ ambiente di lavoro circostante, conflitti di ruolo dettati da una mancanza di organizzazione, eccesso o assenza di responsabilità.
I fattori psicopatogeni correlati all’ambiente di lavoro maggiormente ricorrenti possono essere identificati in:
- senso di soggezione, di inferiorità, di sensazione propria a inadeguatezza rispetto al lavoro – la sensazione di non essere all’altezza del compito (per esempio, assegnato in fase di emergenza in cui si è coscienti di non avere formazione adeguata a quanto richiesto) determina disagio emotivo, ansia, frustrazione e stress in un ambiente conflittuale. Per alcuni, la reazione è rappresentata da fenomeni di rimozione, di fuga ed evitamento; per altri, l’incapacità di reagire si traduce in una nevroticizzazione dell’ esperienza lavorativa. Il lavoro diventa, insopportabile e, con il tempo, si struttura una condizione nevrotica con sintomi depressivi, ansiosi e somatoformi esasperati dalle condizioni ambientali al contorno;
- esperienze di umiliazione occasionali
o continue – la reazione nei confronti dell’umiliazione può determinare senso di inferiorità, di incapacità, di frustrazione, di ansia, di depressione, di nevrosi. Il soggetto si sente ingiustamente colpito e la sua re attività può sconfinare perfino nella paranoia;
- iperimpegno, carrierismo, voglia di emergere -l’eccessivo impegno nel lavoro (in cui decadono gli orari a causa dell’emergenza verificatasi) può provocare situazioni di stress caratterizzate da blocco, astenia, ansia, senso di insufficienza, depreSSIOne;
- conflittualità nel lavoro – la conflittualità tra colleghi può essere responsabile di manifestazioni ansioso-depressive;
- competitività nel lavoro – la competitività tra colleghi è fonte di ansia, di irritabilità, di frustrazione, di insonnia e di stress;
- eccessiva responsabilizzazione – un eccessivo carico di responsabilità può determinare ansia, frustrazione, depressione, senso di insufficienza;
- scarsa responsabilizzazione – la mancanza di impegni, ovvero l’inadeguatezza delle responsabilità può determinare ansia, frustrazione, depressione, nevrosi;
- turnazione eccessiva – l’alterazione dei ritmi circadiani, dovuta all’alternanza dei turni, può alterare l’omeostasi psico-fisica del soggetto, alla quale seguono sintomi di ansia, di frustrazione, di malessere, di stress;
- mobilità – gli spostamenti, soprattutto quando impongono un pendolarismo del lavoratore, possono essere responsabili di disturbi quali ansia, stress, somatizzazioni depressive. Un esempio calzante è il caso in cui il lavoratore, ormai senza più neanche l’abitazione, debba “rifugiarsi” in alloggi lontani dal posto di lavoro al quale deve presentarsi quotidianamente;
- rumore, affollamento dell’ambiente lavorativo (interno ed esterno), ristrettezza dell’ambiente – queste condizioni socio-ambientati spesso si riflettono sullo psichismo dei lavoratori che possono andare incontro a disturbi somatoformi, frustrazione, ansia, stress .
Il ricorrere di uno stressor produrrà, dunque, alcune conseguenze sul lavoratore, diverse in riferimento alla individualità psico-fisica, manifestazioni di disagio psichico o manifestazioni di ordine somatico o, meglio, psico-somatico.
Prescindendo dai disturbi psicopatologici “maggiori” i quali, pur potendo essere innescati da una situazione-stimolo inerente all’ambiente lavorativo, devono essere considerati come parte integrante dello sviluppo personologico di un individuo, è fuor di dubbio che stimoli quotidianamente ripetuti e ad azione prolungata sul nucleo emotivo possono provocare stati di puro disagio psichico che si possono estrinsecare, in relazione alla percezione emotivo-conflittuale dello stimolo, per lo più come manifestazioni di ansia generalizzata, intolleranza all’ambiente di lavoro e quello circostante vissuto come frustrante, ovvero con manifestazioni cosiddette nevrotiche a diversa espressività individuale.
Di maggior riscontro sono, indubbiamente, quelle malattie che, per la loro origine psicogena, sono definite psicosomatiche (disturbi cutanei, allergie, dermatosi, ipertensione, tachicardia, gastrite, colite, cefalea, vertigini ecc.), malattie che ricorrono, secondo le stime internazionali, in una percentuale oscillante tra il 15-20% dei lavoratori.
Di indubbio interesse appare, in particolare nei casi di eventi calamitosi, anche la cosiddetta sindrome del burn-ouf5J, per la quale la risposta allo stress si caratterizza clinicamente con una perdita progressiva degli interessi e delle energie e con il venir meno delle motivazioni fino all’esaurimento vero e proprio, alla tendenza al ritiro, all’evitamento, al distacco e al ridimensionamento delle mete e delle ambizioni generali.
Conclusioni
Allo stato attuale, è possibile ritenere con ragionevole certezza che l’attività lavorativa rappresenta una fonte di stress e di disequilibrio psicofisico dell’individuo di entità tale da essere in grado di innestare patologie nevrotiche, ovvero psicosomatiche e, in casi estremi, disturbi psicopatologici “maggiori” che, tuttavia, devono essere considerati come parte integrante dello sviluppo personologico del soggetto. Uno stato di stress da lavoro che può essere enormemente amplificato in caso di accadimento di fenomeno naturale devastante quale quello determinante perdite non solo materiali ma anche di affetti.
Nel caso di evento calamitoso, quindi, i meccanismi che si innescano sono di varia forma e natura. Sono molti gli studi internazionali, specialmente nelle zone più disagiate, dove si è in continua ricerca di questi fenomeni associati a fonti immunodepressive che sfociano in eventi gravi fino a giungere a quelli neoplastici. Infatti, il ruolo con causale dello stress nello sviluppo delle malattie neoplastiche risulta, allo stato, un’ipotesi degna di attenzione e di approfondimenti, pur restando, tuttavia, sotto il profilo medico-legale, ancora priva di riscontri certi.
Un esempio è il caso di studio che poi è stato alla base della teoria secondo la quale la malattia si genera sempre contemporaneamente nei tre livelli organico, cerebrale e psichico[6J. Proprio a queste condizioni si può legare il fenomeno del contraccolpo sul sistema immunitario; maggiore attenzione dovrebbe essere posta a chi, purtroppo, a seguito di eventi calamitosi e catastrofici, ha subito una grande perdita determinante un dolore “insopportabile e incomprensibile”.
Effettuare una valutazione del rischio da stress lavoro-correlato non può che tener conto di queste considerazioni; in questo modo il DVR diventa un documento, non più con impostazione generica, ma oggettivamente puntuale e accorto nella definizione del rischio stesso e, soprattutto, nella individuazione delle misure di prevenzione e di protezione che devono essere ancor più mirate alla tutela e alla salvaguardia più della salute che della sicurezza del lavoratore.
Un documento programmatico redatto secondo le linee guida fornite dagli accordi sarebbe sufficiente solo se non ci fossero “influenze” determinate da condizioni ambientali al contorno dettate, per esempio, da eventi calamitosi; sicuramente un’accurata ricognizione dello stato generale attraverso questionari è già un buon punto di partenza
La sinergia effettiva tra il datore di lavoro, il responsabile del servizio prevenzione e protezione, il medico competente e il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza è un essenziale cardine di riferimento; il datore di lavoro opera fornendo al SPP la nuova organizzazione del lavoro e il nuovo processo produttivo (eventualmente variato a seguito dell’evento calamitoso), il RSPP agisce attraverso misure preventive e protettive generate ad hocsecondo le indicazioni trasmesse; il medico competente prevede anche visite straordinarie e colloqui con i lavoratori e, infine, il RLS provvede riportando quanto accade sul campo e nel territorio nonché le condizioni che si generano giornalmente nello svolgimento delle attività lavorative dei dipendenti .
FONTE: IL SOLE 24 ORE
http://www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
21 luglio 2009 – N. 14